Monday, February 27, 2006

LA SOLITARIA TEMPESTA DELLE CIME.

Tra le cose accadutemi in questo febbraio agli sgoccioli, ricordo la lettura di Cime tempestose, romanzo che mai avrei pensato così appassionante. Prima di sentirlo elogiare e riceverlo in regalo, non ne sapevo pressoché nulla e onestamente mi ero fatto l'idea di una melensa storia d'amore, più o meno tormentata.

Mai pregiudizio fu più grave. Il romanzo mi ha letteralmente catturato e la figura di Heathcliff, vero perno di tutta la narrazione, assume a tratti dei contorni inquietanti, perché comunque non lo si riesce a odiare. Heathcliff esercita sul lettore un'irresistibile attrazione, quella che solo determinate forme di malignità riescono a produrre. Nella mia esperienza di lettore di romanzi inglesi, ho incontrato per strada personaggi odiosi come Uriah Heep (in David Copperfield) o Bouderby (in Tempi difficili) e sinceramente li ho trovati insopportabili per quella cattiveria mista di ignoranza e ipocrisia che anima questi due loschi figuri.

Ma Heathcliff no! Heathcliff, seppur realmente malvagio e livoroso per praticamente tutto il romanzo, stimola un sentimento di simpatia forte. Forse perché è "vero". Forse perché è anticonvenzionale fin dagli inizi. Forse perché alla cattiveria innata corrisponde una grande capacità di amare, almeno verso Catherine Earnshaw. O forse, più plausibilmente, Heathcliff è passionale. Tremendamente passionale. Come il sottoscritto.

C'è però un altro aspetto di Cime tempestose che mi ha colpito: trattasi di un romanzo di solitudini. Non è un'opera corale, come può essere in Dickens o certo Ottocento italiano. Cime tempestose è un insieme di personaggi isolati, accomunati da un destino di solitudine e spesso di incomunicabilità. Il vecchio Earnshaw non sa comunicare con i figli, che tra loro litigano e alla fine Catherine e Hindley vivranno nel conflitto per tutti i loro giorni. Heathcliff odia il mondo e non fa nulla per farsi amare. Isabella ed Edgar sono uniti solo da ragazzini. Catherine Linton e Linton Heathcliff (ah... quel maledetto ritornar di nomi) si amano quasi per mancanza di alternative. Hareton è la solitudine dell'imbecille. Joseph, Zillah e la voce narrante Nelly sono accomunati da un ruolo di subalternità, che li trasforma alla fine in semplici spettatori degli avvenimenti. Persino Mr Lockwood, che diventa il depositario della narrazione orale di Nelly, è un lupo solitario, un'anima in pena che vaga per le brughiere. Paradossale che alla fine gli unici a vincere davvero tutti i muri creatisi tra i personaggi siano Catherine Linton ed Hareton Earnshaw, che più diversi non sarebbero potuti essere.

Infine un'annotazione personale: notato come gli spunti gotici, tanto di moda proprio in quel periodo storico-letterario, facciano da parentesi di apertura e chiusura del romanzo? La nottataccia passata da Mr Lockwood nel primo soggiorno scoperchia le rivelazioni di Nelly e le ultime pagine si chiudono con la leggenda di Catherine Earnshaw e Mr Heathcliff che vagano come fantasmi nella nebbia della brughiera.

In fondo, un omaggio alla moda letteraria del tempo non guasta mai...

Musica maestro: Mina, Una casa in cima al mondo.