Monday, March 05, 2007

BORAT E LA MEDIOCRIS AMERICA.

Capolavoro o ennesimo film trash che insozza i nostri schermi? Visto il battage pubblicitario che lo ha preceduto, con tanto di recensioni e articoli già da fine 2006, Borat meritava quantomeno una serata al cinema.
Partiamo subito con una assunto fondamentale: non è un film epocale ed è sconsigliato a chi rifiuta la volgarità, qui presente in dosi al limite del tollerabile anche per uno stomaco forte come il sottoscritto.
In breve, il film parla in toni demenziali di un giornalista kazako (il comico inglese Sasha Baron Cohen)inviato dal suo governo negli Stati Uniti per conoscerne lo stile di vita e realizzare un reportage per la televisione del proprio paese.
Si è parlato di forte connotazione razzista verso il Kazakhistan (spero la grafia sia giusta) ed in effetti posso comprendere la stizza del governo di questo Stato quando si è visto ridotto a macchietta per i cinema del ricco Occidente. Solo che il film, al di là delle battutacce e di una scena realmente inguardabile, mi pare che punti il mirino soprattutto contro lo statunitense medio, quello che popola il vecchio Sud secessionista e ultrarazzista, che nel Midwest dei bifolchi popola i rodei o si fa inglobare in sette pseudocristiane caratterizzate da predicatori invasati. Il tutto per fornirci un impietoso ritratto della borghesia bianca protestante, che applaude qualsiasi cretino si dichiari a favore delle guerre a stelle e strisce.
Che dire di più? Si può fare riferimento al finto stile documentaristico, con tecnica e inquadrature alla Michael Moore, qui abbondantemente parodiato, e gustosissime cartine e sovrascritte in cirillico, per testimoniare il viaggio americano dei due kazaki. Alla fine appare pure Pamela Anderson, ovvero il mito trash per eccellenza: capelli pesantemente tinti, volgare, ignorante e più volte rifatta (del resto è una delle incarnazioni dello stile americano...).
Insomma, un po' il vecchio Mr. Crocodile Dundee, un po' di battute da caserma alla American Pie e un po', come detto, di Michael Moore. Niente di eccezionale, ma ogni tanto si ride di gusto!
In fondo, una capatina al cinema la si può anche fare, così avrete un argomento cinematografico da sviscerare...

Musica maestro: Rino Gaetano, Mio fratello è figlio unico.

Labels:

Monday, November 06, 2006

STRANI EFFETTI DI UN SILENZIO INUSUALE.

Tutto tace. O almeno sembra. Lo deduco spulciando tra i miei blog preferiti, che, tranne rari casi, sono sempre meno aggiornati. Su molti di loro inoltre appaiono post in cui si fa esplicito riferimento alla mancanza di idee o alla scarsa voglia di mettersi a digitare parole e parole sullo schermo. Certo, osservando questo blog, non pare che il sottoscritto si differenzi dalla massa: il post precedente risale a fine agosto e su Splinder scrivo poco e mi accorgo che raramente pubblico qualcosa di interessante. Forse il batrace si è gonfiato troppo, come nella nota favoletta: troppi blog in rete e il giocattolo ha finito per guastarsi. Forse, come accaduto anche a me, arriva un periodo in cui non hai voglia di scrivere e, piuttosto che dire per forza qualcosa, preferisci tacere. Forse la moda è passata e uno spazio personale non è più una cosa così ambita. Ai posteri l’ardua sentenza.

Sinceramente mi spiace che alcuni dei miei blog preferiti siano così raramente aggiornati. Su quelli linkati passo spesso, leggo quanto più possibile e, ogni tanto, commento. Io sono arrivato nel mondo dei weblog in un periodo che si può definire a medio termine: quando infatti aprii il mio primo diario on line era l’ottobre del 2003 e su Clarence (la mia prima piattaforma) di blogger attivi già ce n’erano parecchi. Poi, attratto dalla novità e da un editor veramente piacevole passai su Iobloggo. A settembre 2005 sparii di punto in bianco anche da Iobloggo, cancellando un blog ove credo di aver scritto alcuni dei miei pezzi migliori, specie quelli ad argomento artistico, e dove mi ero raccontato nel bene e nel male: ricevevo moltissimi commenti e di tanto in tanto modificavo la famosa “colonna sinistra” dell’homepage, quella in cui si mettevano cose personali, link, referrer e altro ancora, un in miscuglio di informazioni utili senza dubbio a far capire parecchie sfumature di me. Nel frattempo, a inizio 2005, avevo aperto anche un blog splinderiano, dove mi esprimevo solo per post brevi, come faccio ancora adesso: in questo caso si trattava più di una sfida, per vedere se anche su Splinder sarei riuscito a creare un gruppo di lettori / commentatori. Grazie ai due blog citati ho avuto modo di conoscere molte persone, non solo nell’ambito dello scambio di opinioni scritte, ma pure fisicamente. Alcune di loro hanno rappresentato un capitolo importante della mia vita recente e difficilmente me ne dimenticherò.

Infine, in concomitanza con la sparizione da Iobloggo, ho aperto questo diario asettico e irregolare, sia nei temi che nei tempi, aggiornato con frequenza mensile fino all’estate e ora semidiroccato, come quelle vecchie caserme di confine tra le montagne. Non cerco commentatori a valanga, altrimenti sarei rimasto dov’ero, ma solo uno spazio in cui scrivere di ciò che mi garba maggiormente. L’intenzione è di trasformarlo in uno spazio in cui parlare di arte e di mostre visitate, magari ripescando (o, meglio, cercando di riscrivere) alcuni dei post ad argomento artistico che proponevo su Iobloggo. Se nessuno li leggerà, pazienza. Se invece qualche estimatore, magari tramite motore di ricerca, passerà da queste parti e avrà voglia di dire la sua, ben venga.

Ora non resta che un problema: avrò tempo e voglia di scrivere nei prossimi mesi?

Musica maestro: Patty Pravo, Se penso a te.

Saturday, August 26, 2006

LIBERAMENTE COMUNICATI DA VENTISETTE ANNI.

Il rito si è compiuto anche quest’anno, per la ventisettesima volta. Come sempre, una sfilata di potenti o presunti tali si è beccata la propria dose di applausi o fischi, neanche quella platea fosse lo specchio dell’Italia intera. Solo che i ciellini sono, piaccia o meno (a me infastidisce, in tutta onestà), una sorta di onorata società che condiziona neppure troppo celatamente la vita politica italiana.

Con Comunione e Liberazione ho avuto modo di venire in contatto in maniera abbastanza singolare. Una collega di alcuni anni fa, di cui conoscevo l’appartenenza al movimento (senza che questo influisse sulla stima umana e professionale nei suoi confronti), mi invitò una sera a un incontro sul tema della riforma morattiana, da poco entrata in vigore. Convinto di trovarmi di fronte a una platea ampia e diversificata, mi ritrovai invece a una sorta di chiacchierata informale, tenuta da un certo G.M., le cui varie epistole ad argomento scolastico spesso compaiono nelle rubriche di posta di alcuni quotidiani nazionali.

Più che il sostegno alla riforma, che mi aspettavo in pieno, mi colpì la freddezza con cui io e un’altra precaria non di loro fummo guardati quando, alla fine di un mare di parole, esprimemmo la nostra convinzione che prima andava anche affrontato il problema dei docenti precari, in particolar modo quelli che avevano ottenuto l’abilitazione con il concorso del 2000. La risposta svogliata dell’oratore fu un Ah sì, chiaro… Bisogna fare qualcosa… Un problema certamente da affrontare, traducibile con un Che cazzo me ne frega, tanto i miei amici ciellini qui presenti sono tutti sistemati e di voi stronzi precari non ci frega nulla. Mi colpì inoltre la profusione di parolacce dell’oratore in questione mentre teneva la sua lectio magistralis sulla riforma.

Nei mesi seguenti rifiutai cortesemente i vari inviti ricevuti per conferenze o incontri, tranne uno, di carattere extrascolastico: una sorta di raduno interregionale presso la loro scuola di formazione dei quadri, alla periferia est di Milano. Ero per certi versi attratto dall’ambiente con la stessa curiosità che un antropologo può riservare a una tribù scoperta nella foresta equatoriale. Notai che l’uso di termini scurrili era abbastanza diffuso, tanto che ne sentii anche dal sacerdote che “conduceva” la serata. Soprattutto non poté sfuggirmi una sorta di snobismo dominante, tipico di chi si sente superiore in tutto e per tutto agli altri. Questo mio secondo incrocio con Comunione e Liberazione fu anche l’ultimo. La sete di conoscenza fu ampiamente soddisfatta da quell’occasione in un grigio novembre milanese.

Tutto il preambolo personale, serve ad arrivare al punto: il 27° meeting di Rimini ha mostrato ancora una volta tutte le incoerenze di un movimento che si cela dietro i valori di un cattolicesimo quasi estremista e poi applaude un leader come Silvio B., antitesi di ogni buon cristiano, solo perché l’ometto afferma di volere un’Italia cattolica, con il suo solito stile da Peron dei ricchi. Per non parlare dei “democratici” fischi riservati ai politici di centrosinistra, bollati come traditori dei valori cristiani.

Ma quali valori cristiani? I cari ciellini parteggiano per un ex premier che ha lasciato la moglie per sposare un’attricetta, che ha riempito di immondizia le teste degli Italiani con le sue televisioni private, che esibisce le sue ricchezze in maniera tutt’altro che cristiana e che fa dell’immodestia la sua principale caratteristica, al punto da definirsi un nuovo Messia. In comune hanno una sola cosa: l’odio per lo Stato e le sue istituzioni, a partire dalla scuola pubblica (il cui stipendio però non disdegnate!).

Ultima cosa, altrettanto significativa. Camillo Ruini va in pensione e la Conferenze Episcopale Italiana deve eleggere un nuovo presidente. La Chiesa ha chiesto ai vescovi italiani di esprimersi: quasi la metà ha votato per Tettamanzi, arcivescovo di Milano, molto benvoluto dalla gente (e da chi scrive). Purtroppo pare che il sondaggio tra i vescovi sia solo una parvenza di democrazia, visto che il posto spetterebbe al patriarca veneziano Scola, legato indovinate a quale movimento?

Bravi, vedo che avete già capito!

Musica maestro: Roger Waters, Bridge Passage for Three Plastic Teeth.

Tuesday, July 11, 2006

DOV'E' LA VITTORIA?

Capisco che quanto sto per scrivere interessi poco ai sempre più rari lettori di questo blog sperduto nel deserto della rete. Più che altro questo post è una seconda risposta (prima la trovate direttamente qui nei commenti) a un anonimo commentatore del mio blog su Splinder che non condivideva certe mie opinioni sui neocampioni mondiali, festeggiati ieri al Circo Massimo per aver fatto il minimo richiesto a professionisti pagati ben oltre i loro meriti.

La domanda del titolo è invece giustificata dagli effetti dei festeggiamenti e dalle assurde giustificazioni che si fanno a riguardo, anche da giornalisti e politici, che chiudono gli occhi di fronte a scempi e schifezze di ogni tipo. Qui non si tratta di essere antiitaliani, come qualcuno potrebbe sostenere, ma di essere persone civili.

Di seguito ecco un piccolo esempio del prezzo della vittoria mondiale (fonte principale: Se il teppista si mescola alla festa, di Stefania Miretti, sulla Stampa di oggi).

Torino. Migliaia di imbecilli usano la festa per sfogare rabbia e frustrazioni: auto prese di mira, anche con famigliole dentro, e fatte oscillare fino quasi a ribaltarle, quando non prese a pugni e calci.

Novara. Un accoltellato mentre cercava di sedare una rissa tra tifosi festanti.

Santa Margherita Ligure. Un ragazzo, che arrivava in motoscafo da Rapallo, è stato sbalzato in acqua ed è morto.

Mestre. Tifosi inferociti distruggono un autobus urbano, con un assedio da guerra medioevale.

Padova. I trenta poliziotti in servizio vengono aggrediti dalla folla festante e in sette finiscono all'ospedale.

Pesaro. Danneggiata la Sfera grande di Arnaldo Pomodoro e la fontana di Lorenzo Ottoni.

Roma. Semafori, cassonetti e vetrine ne hanno fatto le spese. In più, svastiche al cimitero ebraico.

Napoli. Auto incendiate, danni ovunque e dieci feriti gravi.

Salerno. Morto un sedicenne caduto da un'auto ribaltata.

A quanto pare la gioia è diventata un pretesto per trasformarsi in teppisti urbani. Aiuole devastate da auto in corsa, motociclette che si buttavano nel caos dei pedoni e teste di cazzo assortite che infierivano su tutto e tutti, nella totale indifferenza di chi guardava e, anzi, lasciava fare. Naturalmente le televisioni hanno glissato, meglio il sopravvalutato Del Piero che imita Freddie Mercury cantando We are the Champions o Materazzi che stona come un ubriaco.

Poi guardi la Francia e vedi che a Parigi sono morti in cinque per festeggiare la semifinale vinta sul Portogallo e allora ti rendi conto che forse è un'intera civiltà che sta declinando pericolosamente...

Musica maestro: Frankie Hi-Nrg, Quelli che benpensano.

Tuesday, July 04, 2006

IL PAESE REALE.

Ti capita una mattina di inizio luglio di recarti all'ufficio postale per un pagamento. Ti capita di trovare una marea di signore e signori non più giovani che in fila aspettano i contanti della loro pensione. Ti capita dunque di fare una ventina di minuti in coda (tanto il tempo non ti manca, da buon prof cazzeggiante). Ti capita di origliare, volente o nolente, i loro discorsi. Ti capita di comprendere benissimo quanto dicono, perché parlano nel dialetto locale e tu lì ci sei nato e vissuto.

Nonostante sia la mattina che introduce all'attesa per Germania - Italia, uomini e donne parlano d'altro, perché forse del calcio di oggi poco o nulla importa, specie al gentil sesso. Si discute di immigrati, di piccole frazioni e paeselli collinari in cui vecchie case sfitte sono occupate da lavoratori stranieri: India, Maghreb, Europa Orientale e Golfo di Guinea sono i principali "fornitori".

Per quanto opinabili, i discorsi di queste persone ti inducono a riflettere. La signora che dice di aver paura ad uscire la sera sulla piazzetta del paese, perché ci sono gli ubriaconi albanesi che spadroneggiano e nessuno fa nulla. L'altra signora che racconta di aver chiesto al brigadiere come mai non controllino se sia o meno in regola il permesso di soggiorno dei vicini maghrebini e di essersi sentita rispondere che i Carabinieri vanno lì per controllare, ma di fronte ai coltelli di quelli là non possono certo sparare. Un uomo rammenta di un amico che in Libia, dove lavorava come tecnico per una società americana (sempre 'sti cazzo di yankees... [n.d.r.]), gli han tolto subito il passaporto, così non poteva tanto muoversi, e la stessa cosa dovrebbero farla con chi vien qui da noi. Infine un secondo signore distingueva tra Indiani e neri che son bravi e gentili, oltre che lavoratori, e gli altri che son mezzi delinquenti.

Parole che esprimono scoramento e insicurezza, opinabili finché si vuole, ma forse comprensibili da parte di una generazione che in pochi anni ha visto cambiare completamente (e non sempre in meglio), il proprio piccolo mondo che pareva immutabile. Parole che sembrano una richiesta di aiuto, probabilmente frutto di qualche brutta esperienza accaduta e non certo di diffidenza congenita, checché se ne dica della gente di questi minuscoli centri abitati.

Qualche mese fa Prodi, riferendosi alla Francia e all'esplosione della banlieue parigina, disse che in Italia si rischiava una cosa simile nelle periferie metropolitane. Lo tacciarono di essere un allarmista, ma occorrerebbe ritornare su quelle dichiarazioni e rifletterci un po'.

Magari estendendo il discorso anche alle realtà piccole e meno evidenti agli occhi dell'opinione pubblica. Magari invitando i parlamentari a farsi più spesso qualche giro tra gli sportelli ospedalieri e postali, prestando orecchio ai discorsi di quel "popolino" vituperato, ma sempre utile quando si tratta di andare alle urne. Magari approfondendo la questione dell'integrazione partendo dal territorio e non da un improduttivo parlamento.

Un tuffo nel paese reale, prima che sia davvero troppo tardi...

Musica maestro: Ska-P, Como me pongo.

Monday, June 12, 2006

MOTIVAZIONI VALIDE.

Lo confesso: anch’io, come non pochi abitanti della gaudente penisola, tifavo per il Ghana, così come tiferò per qualsiasi avversaria dell’Italia, compresi gli odiosi e imperialisti Stati Uniti. Non ci riesco, specie in questi ultimi anni. Avevo tifato sinceramente Italia ai Mondiali del 1998 e agli Europei del 2000, perché comunque stimavo personaggi sobri come Cesare Maldini e Dino Zoff, personaggi schivi e poco inclini al divismo, non come Lippi, allenatore sopravvalutato e personaggio francamente antipatico. Il mio tifo per tutti tranne che per l’Italia si può spiegare con alcune motivazioni.

Il branco di fighetti. Avete notato che solo i calciatori italiani, ad eccezione del celebrato David Beckham, vanno in campo come se fosse una sfilata di moda? Pare che siano passati dal parrucchiere nell’attimo prima di entrare in campo, con i capelli lunghi e ingellati e i cerchietti. Insomma: undici calciatori o un branco di effeminati? Germania o Porto Cervo?

La questione etica. Trovo assurdo che un calciatore, invece di farne motivo di orgoglio, veda la partecipazione a un Mondiale come un intoppo alle vacanze e quindi pretenda lucrose prebende per vestire la maglia della Nazionale. I premi andrebbero corrisposti solo in caso di semifinale: ogni turno superato in precedenza deve essere considerato come un dovere verso la nazione che si rappresenta.

Il rischio tabula rasa.
In piena Calciopoli, il rischio di un’amnistia generale anche nel pallone, in caso di vittoria italiana, è altissimo. Sarebbe l’ennesima beffa per un Paese che al calcio ha già dato troppo, ricevendo ben poco in cambio. Senza contare l’orgia di politici e giornalisti pronti a dire che loro hanno sempre tifato Italia. Del resto siamo un popolo incline a salire sul carro del vincitore fin dalla discesa di Carlo D’Angiò.

I vandali in festa. Addio quiete, se mai ce ne fosse, di fronte a un’eventuale vittoria finale. Vi immaginate quanti teppisti urbani approfitteranno dei festeggiamenti per sfogarsi in una quasi totale impunità? Le feste di popolo, specie in ambito sportivo, sono la cosa più volgare e rozza che esista.

I nostri soldi. Vi rendete conto che la spedizione italiana in Germania consta di ben settantuno (71) persone? I calciatori sono soltanto ventitré, poi c’è lo staff tecnico e infine una lista interminabile di addetti a tutto: dall’addetto stampa all’addetto ai rapporti con l’uccellino di Del Piero. E poi ci rompono il cazzo con la spesa sociale!

Cose personali. Io odio Lippi! Non l’ho mai sopportato neppure nell’anno in cui allenava la “mia” Inter, perché è irritante con quel modo di porsi: sgarbato e insofferente a ogni domanda, tranne ovviamente quelle ruffiane. Inoltre nutro una notevole dose di antipatia verso Totti, Del Piero, Pirlo e Nesta, giocatori mediocri ma eccessivamente esaltati dai nostri media. Senza contare gli insopportabili Cannavaro, Buffon, Gattuso e Camoranesi, ovvero persone in grado persino di negare l’evidenza di un sistema marcio da cima a fondo.

Le stronzate. L’ultima assurdità l’hanno detta i soliti economisti: la vittoria al Mondiale sarebbe una manna dal cielo per la nostra asfittica economia. Come se un’Italia campione del mondo convincesse i nostri industrialotti a riaprire le fabbriche esportate da tempo nel Terzo Mondo…

Comunque sia... vaffanculo, Italia calcistica!

Musica maestro: Johannes Pachelbel, Canone

Monday, May 22, 2006

E ALLA FINE FU SCOPERTA L'ACQUA CALDA...

Siamo sinceri e non facciamoci alcuna illusione: finirà tutto nel nulla e nessuno verrà punito. Non sarà come lo scandalo delle scommesse del 1980, che almeno portò a punizioni esemplari per società e giocatori. Sarà semmai come Tangentopoli: un'inchiesta che parte da poco, si allarga a macchia d'olio, coinvolge miriadi di persone e poi si sgonfia inesorabilmente, perché i pochi onesti rimasti non possono nulla contro l'esercito di banditi in circolazione.

Naturalmente sto parlando di quanto accade in questi giorni al mondo del calcio. Come nel 1992 per Tangentopoli, tutti sapevano. La tracotanza dell'uomo più mafioso d'Italia, Luciano Moggi, e dei suoi due amichetti, Roberto Bettega e Antonio Giraudo, era evidente da tempo: misteriose visite agli arbitri nell'intervallo di gare che la Juventus stava perdendo, battute arroganti, comportamenti tipici della malavita organizzata, pressioni sui media e sulla classe arbitrale in maniera indecente e troppa sicurezza ostentata, da veri intoccabili. In più c'era l'accordo con Adriano Galliani, il quarto elemento della cupola mafiosa che gestiva (e ancora gestisce, purtroppo), il calcio italiano. Obiettivo: massacrare il calcio italiano, spartendosi tutto il possibile tra Juventus e Milan, fingendo una rivalità che in realtà non esisteva dal 1995, anno in cui le due società stipularono un vero e proprio accordo per mangiarsi il pallone nostrano. E gli altri? Qualche briciola: gli scudetti alle romane nell'anno a cavallo del Giubileo (ma guarda, che caso!) e la Coppa Italia un po' a tutti, giusto per essere democratici.

La cosa che più indigna è l'atteggiamento dei media. Quei giornalisti che incensavano Moggi and friends con interviste di rara ruffianeria ora sembrano ribellarsi e mettono le mani avanti, affermando la loro indipendenza. Ma come? Failla, Varriale, Tosatti, Padovan, Damascelli, Biscardi, Jacobelli e tutta quella combriccola di leccaculo che ammorbano tv pubbliche e private adesso hanno dimenticato? Non ci dicano che prima erano all'oscuro di tutto? Bastava informarsi un po' in rete e avrebbero trovato parecchio materiale sulla gentaglia che dominava il calcio in Italia e sulla inquietante presenza della GEA. Ad esempio quest'articolo dal sito disinformazione.it, che risale perlomeno a un paio di anni fa, o questo bel libro pubblicato da Editori Riuniti e uscito nell'estate 2004. Senza contare tutto il materiale reperibile anche negli anni precedenti.

Si parla di Juventus e altre "grandi" in serie B, se non addirittura in C1. Temo invece che l'anno prossimo le squadre implicate saranno ancora al loro posto, con gli scudetti ottenuti illecitamente e con i giornalisti più su elencati di nuovo a fare la proditoria parte dei valletti, pronti a rimettersi in ginocchio di fronte ai potenti e a dimenticare le schifezze di questi giorni. Per non parlare di quei politici che invocano fermezza, onestà e chiarezza, quando sanno benissimo che calcio e politica da troppo tempo vanno a braccetto, ben prima dell'avvento di Silvio Berlusconi: quale politico torinese, per giunta nell'imminenza delle comunali sotto la Mole, avrà davvero il coraggio di dire che i bianconeri devono essere puniti con la retrocessione?

Pensare che fino a qualche anno fa ero realmente un appassionato del gioco del calcio. Ho praticamente visto tutte le finali di Coppa Campioni (quando ancora ci andavano solo le vincenti dei campionati nazionali!) dagli inizi degli anni Ottanta e tutti i Mondiali dal 1982 a oggi, affascinato dalla magia degli inni nazionali e dal rispetto che ogni calciatore dovrebbe avere per la maglia della propria nazionale. Ho visto la magica finale del Bernabeu, quando Rossi, Tardelli e Altobelli infilarono tre gol alla Germania Ovest in quell'ormai lontano 11 luglio 1982. Ho sofferto per la "mia" Inter e le sue mitologiche cadute in campionato e nelle coppe. Ho letto per anni il "Guerin Sportivo" (chissà se ancora ci sarà nelle edicole?) e ho comprato non poche edizioni del mitico almanacco della Panini. Ho persino partecipato a sfilate con clacson in occasione delle rare vittorie interiste di prestigio negli ultimi vent'anni.

Ora non ci credo più, perché da tempo il calcio ce l'hanno ucciso con un delitto premeditato. Lasciatemi tuttavia solo sognare una cosa: vedere davvero Juventus e Milan retrocesse...

E comunque, se davvero qualcuno tenesse le palle dove devono stare, gente come Lippi e Buffon in Germania non ci dovrebbe andare!

Musica maestro: 883, Hanno ucciso l'Uomo Ragno